Care vedovelle.

Uno dei ricordi di Milano, città in cui chi qui scrive ha vissuto e lavorato a lungo, è l’episodio di una ragazza di sana e robusta costituzione che, a gambe divaricate su una fontanella (vedovella, in milanese) dei Giardini pubblici di Porta Venezia, si sciacquava i genitali, ripassandoseli accuratamente con il getto che sgorgava dal beccuccio. Un bidet, in breve. Non che prima non ci fosse il sospetto, con relative prudenze igieniche sanitarie, di tali sozzure, ma osservarle di persona, lì a pochi metri, fu comunque ciò che comunemente si definisce un piccolo trauma.
Un piccolo trauma non in sé, siamo rotti alla peggiori esperienze dei peggiori bar di Caracas, Ça va sans dire, ma perché le fontanelle pubbliche, in tutti i loro diversi generi e design, erano e rimangono, nei ricordi di chi qui scrive, la discreta presenza fisica di un tempo dell’oro, di libertà e cìviltà. La libertà di poter bere serenamente e gratuitamente a una fontanella pubblica e la civiltà di tutti di garantirne l’opportunità, con acqua corrente pulita.
Da bambini, al parco, si beveva a una fontanella (ovviamente a forma e colori della fiabesca quanto mortale amanita phalloides), tra una pallonata e l’altra, sudati zeppi come se non ci fosse un domani.
Da studenti, le fughe d’estate dal treno e immediata risalita, per bere alle immancabili fontanelle delle stazioni. Nelle città, per rinfrescarsi, quando le bottigliette d’acqua di plastica non esistevano nemmeno, pperché comunque ci confidava, appunbto, nelle fontanelle.
Da adulto, ai Giardini pubblici Montanelli, in Porta Venezia a Milano, quelli più vicini a casa, certo, non più per bere, i tempi erano già mutati, ma per rinfrescarsi il viso o le mani, durante i fine settimana trascorsi su una panchina, all’ombra d’estate, al sole d’inverno, a leggere e scrivere, ovvero i fine settimana forse più rilassanti e dolcemente appaganti, che sempre chi qui scrive ricorda, per la loro semplicità ed evasione dal dover fare qualcosa di diverso e unico.
Quell’episodio, la ragazza a gambe aperte che si lavava i genitali alla vedovella dei Giardini Montanelli, rigirandosi con cura fronte e retro, calò su questo piccolo mondo antico di fiducia come una mannaia, frantumando quella compagna discreta e cara: la fontanella pubblica e a zampillo o cascata, con le sue fresche chiare et dolci acque, gratuite e libere, ferreo monumento alla fiducia e rispetto sociale reciproco.
Non che prima dell’episodio, come scritto sopra, chi qui scrive non immaginasse usi impropri, per sciacquo d’arnesi di droga o insudiciume deliberato, così come ricordato dalle mamme intente a tener lontani da esse, dalle fontanelle, i bambini; tuttavia quell’episodio di bidet sul verde pubblico marcò davvero un c’era una volta e un dopo così che quel piccolo monumento di fiducia restò solo un ferreo sacrario alla memoria.
Ebbene, chi qui scrive cerca ancora di capire con cosa abbiamo sostituito quel mondo in cui si poteva bere liberamente e gratuitamente da una fontanella pubblica.