E se fatti fummo per viver nel brutto? 

Di paoloceccato

Non so se sia vera la notizia che, per creare spazio all’evento in programma, hanno abbattuto diverse piante di tamerici. Ma non è importante. Perché il punto non è questo.

L’errore è all’origine. Sta nel fatto che l’industria culturale decide che quella spiaggia va bene e gli altri, associazioni ambientaliste comprese, si adeguano. Il resto viene di conseguenza.
Mi chiedo: la bellezza salverà davvero il mondo, come predisse il principe Myskin, nell’Idiota, capolavoro di Fëdor Dostoevskij?
No. La bellezza, oggi, è il principale nemico dell’ambiente. I luoghi più belli, icone del turismo, sono quelli più a rischio, perché spianati dal consumismo e dalla speculazione. 
Meglio abbandonarli al loro destino e cercare altrove, nei luoghi brutti, inospitali, quelli che non interessano a nessuno, imparando a trovare in essi la vera libertà.
La bruttezza salverà il mondo. Lì si custodisce il seme, quello che, rigettato un giorno sulla terra, “fruttificherà e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza…”, come scriveva Giovannino Guareschi. Sì, un po’ come avvenne nei monasteri, dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente.
Viva la bruttezza, i luoghi inospitali, abbandonati, i muri scrostati, le rovine, dove ancora ci sorprende qualche emozione. Viva i luoghi brutti che, in quanto brutti, conservano la -u- di luoghi e non si trasformano in loghi, turistici. È quella u che dobbiamo salvare, perché un giorno possa tornare a darci pane, vita e speranza.