L’AI è solo un bivio

Lettera aperta
di Marina Lanza

Cari “con l’AI il lavoro è a rischio”, caro Guglielmo Cancelli, cara on. Cocomeri e soci, non pensate che sarebbe ora di uscire dagli orari di Ford del 1910, di oltre un secolo fa, che imprigionano la gente per 8 ore al giorno, per 5 giorni a settimana, e, grazie alle immense possibilità della nuova tecnologia, avviare una modalità dove, gradualmente, le ore di lavoro si riducono (a parità di stipendio) e permetterci di dedicare sempre più del nostro tempo a ciò che fa esprimere i nostri talenti e ci fa stare bene? Corsi d’arte, musica, letteratura, viaggi, sport, spiritualità, vedere mostre, spettacoli, imparare a crearli… anche solo stare in famiglia, con gli amici, farsi una bella passeggiata.

Meno PIL (e meno discariche piene), più servizi e intrattenimento evolutivo (che creano, a loro volta, lavoro).

Certo, ci saranno sicuramente quelli “limitati” che utilizzerebbero la potenzialità libera e infinita dell’AI per trasgredire, stordirsi di droghe, sesso, video giochi, tv trash, esercitazione sadica del potere o che… per loro c’è il Metaverso e simili, con una vasta gamma di chimica a volontà, finché “morte non ci separi” (dato che, spesso, purtroppo, sono psicotici irrecuperabili, dediti al crimine).

Che dire, anche se negli ultimi decenni ci stanno provando con tutte le loro forze (es. scuola) a ridurci tali, non siamo degli automi che, se non sono abilitati a dei lavori richiesti, sono “inutili” (cit. Y.N. Harari).

C’è un’anima che si vuole liberare, uno spirito che spinge a utilizzare il tempo della nostra brevissima vita per la conoscenza e per la realizzazione di noi stessi, per la nostra evoluzione. Cosa che possiamo chiamare “Felicità”, da “felix”, fertile: imparare a scoprire ciò che si è, per far maturare i nostri frutti, unici e inestimabili.

Certo, chi è felice è un consumatore meno attivo, ma è artefice di un mondo migliore.

Facciamolo quindi, adesso che, con l’AI, abbiamo tutti i mezzi necessari e siamo davanti a questo bivio: se prendere una strada umanistica, laboriosa ma libera e consapevole; o una strada di automi, reattiva, in un totalitarismo dove si è immobilizzati dal terrore e istigati all’odio a comando… ma, indubbiamente, è anche la via più comoda perché non occorre pensare, basta obbedire a slogan e accettare marchi, “protezione” e sorveglianza, dato che c’è il tuo “fratellone” a provvedere a te.

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