Stupor mundi.

paoloceccato_

Debbo precisare: la stupidità ha un suo fascino, si suol dire persino che è riposante“.
Ennio Flaiano.

Sì, non c’è dubbio, la stupidità è un argomento più interessante dell’intelligenza. Lo è, in primo luogo, perché è più facile riconoscersi in essa, ovvio; ma lo è anche per motivi sociali, perché è proprio essa, la stupidità, a sostenere, e meravigliosamente bene, il benessere della società in cui viviamo. Non certo l’intelligenza.
Stupidità, stessa radice etimologica di stupore. Lo stupido è lo stupito di fronte a ciò che lo circonda. Fu l’incommensurabile scrittore francese Gustave Flaubert a compiere, forse per primo, il gran passo: porre la stupidità al centro del suo capolavoro, Madame Bovary (da lì, un prima e un dopo), per raccontarci la stupidità e ottusità dell’uomo istruito, dell’uomo “di scienza”, e dunque che l’istruzione e il sapere, anche il sapere scientifico, possono convivere con l’ottusità. E questo fu una rivoluzione, quella vera copernicana. Mettere al centro del romanzo, e dell’universo umano, la stupidità dell’uomo colto.
Proprio commentando un romanzo, incompiuto, di Flaubert Bouvard et Pécuchet, così scrisse Ennio Flaiano: “Da allora la stupidità ha fatto progressi enormi. Grazie ai mezzi di comunicazione, non è più nemmeno la stessa, si nutre di altri miti, si vende moltissimo, ha ridicolizzato il buon senso, spande il terrore intorno a sé”.
E, in effetti, come poteva essere diversamente? La stupidità accondiscende la gravità, ovvero è il peso che, liberatosi dal gancio da cui pende, è finalmente libero di non essere più ciò che è, cioè un peso (cit*).
Ora, chiedo, non è proprio questo che sta alla base della nostra società?
Domanda: perché le persone più intelligenti tendono a sentirsi anche le più stupide? Aneddoto: Albert Einstein ritardava il rientro a casa per percorrere la strada con Kurt Godel, perché lo riteneva, lui sì, una persona intelligente.
Domanda: perché, allora, nessuno lavora per creare una stupidità artificiale? Non sarebbe più proficuo un algoritmo di tal genere? Se non altro per i numeri, come si dice, in ballo.
Domande. Perché dobbiamo tanto temere la “fuga dei cervelli”, quando la vera tragedia sarebbe la fuga degli stupidi? Immaginiamo una comunità di persone tutte intelligenti, che il solo scriverlo fa rabbrividire: che cosa ne sarebbe di tutti questi intelligenti riuniti insieme in modo promiscuo? Sicuri che sarebbe un successo? A cosa serve, oggi, l’intelligenza? Nella nostra attuale società, non è più adatto lo stupore, ovvero la stupidità, che si vendono molto meglio? E non funziona tutto ciò così bene, da dover temere un qualsiasi cambiamento? E il mito dell’intelligenza, non è solo il premio di consolazione dei perdenti?
Scriveva il sedicente “carciofino sott’odio” Leo Longanesi: “Uno stupido è uno stupido, due stupidi sono due stupidi, ma diecimila stupidi sono una forza storica“.
E allora, che i cervelli se ne vadano pure altrove; tanto, qua o là, per loro nulla cambia. Ma tuteliamo la stupidità, in tutta la sua, la nostra, mediocrità; perché siamo noi mediocri la forza storica di questo tempo, con il suo benessere e i suoi progressi; e lo siamo, forza storica, proprio perché mediocri e perché, in quanto mediocri, non ci risolviamo mai: non ne abbiamo le capacità; la nostra è una gravità leggera, che sfiora le cose, le accarezza; ci avviciniamo, ma non raggiungiamo mai la grandezza (cit**); il nostro valore di mercato è che siamo sempre pronti a cambiare, a rinnovare lo stupore altrove e, nella nostra stolida mediocrità, a rimodellarci secondo l’ultima moda, a consumarle tutte, senza consumarci mai, contenitori perfetti, come il vetro (siamo o non siamo la “società liquida”?), laddove il campione olimpico, quello destinato alla grandezza, eccelle, ma solo nella sua unica grandezza, appeso al gancio per sempre, per restare ciò che è: un peso. Tolto quello, si esaurisce. Noi mediocri, invece, possiamo scegliere, perché siamo poco e dunque possiamo sentirci come vogliamo e vogliono. Siamo niente, siamo tutto. Questione di bufalo (Bill) e di locomotiva (cit.***).
Sì, la vera forza trainante dell’economia siamo noi stupidi e mediocri.
È tempo di riscoprirne l’orgoglio.
Ma attenzione: “La stupidità ha un limite. Oltre certi confini la mente umana si rifiuta di procedere. A un certo punto, la Stupidità (forza attiva) diventa Idiozia (forza passiva) e non si vende più”. (Cit).
Ecco allora il segreto: raggiungere quel limite senza mai oltrepassarlo.
Mica facile. Ci vuole una certa intelligenza.

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*The Fisher King, USA, 1991, regia di Terry Gilliam
**Carlo Raimondo Michelstaedter, La Persuasione e la Rettorica.
***Francesco De Gregori, Bufalo Bill.
****Questo articolo è lardellato di citazioni, perché citare è un modo facile per sfuggire dalla propria stupidità. L’intelligente, infatti, tende a citare solo sé stesso.

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