Sul monte e i premi che semplificano.

Un altoatesino ha vinto Wimbledon.
Ma noi andiamo in vacanza in Sudtirolo.

Felicissimi, e ci mancherebbe, per gli straordinari successi del campione detto altoatesino Jannik Sinner, 23 anni. Altrettanto felici della rinomata ospitalità della sua terra d’origine, il Südtirol.

Altoadige e Südtirol sono sinonimi, o forse no.
Altoatesino, da atesino, ovvero il fiume Adige, sottolinea la toponomastica italiana. Sudtirolese, da Tirolo, rivendica l’originaria parentela austriaca della terra e dei suoi abitanti.

L’interesse a una vicenda onomastica di poco conto (ma anche qui, sul poco conto, è tutto opinabile) nasce proprio dall’utilizzo di scopo dei due termini, altoatesino e sudtirolese. Nel caso del campione di tennis, fa gioco (sic) che sia altoatesino, cioè italiano; ma se andiamo in vacanza, si va in Sudtirolo, cioè ordine, pulizia e salde radici montanare della popolazione sudtirolese.

Due nomi, due realtà. Intercambiabili?

Il campione Sinner parla un italiano un po’ impreciso. Ci sta, dove è nato si parla diffusamente il tedesco. Nessun problema, l’italiano impreciso lo ascoltiamo da anni e ha, di fatto, sostituito quello locale, ovvero dialettale. E va pure scritto che, oggi, tutto funziona bene ugualmente, cittadinanza compresa, anche se non si parla un buon italiano. Non è un fenomeno nuovo. Negli Stati Uniti, dove la differenza la fa l’accento, s’incontrano statunitensi di ennesima generazione che parlano un perfetto inglese, con accento siciliano.

La lingua è tra gli elementi forse più caratteristici della cosiddetta nazionalità, ma la nazionalità, sempre oggi, è in regressione, sostituita dalla cittadinanza, che è un concetto amministrativo di Stato, non di nazione.

Nel medioevo vi fu una disputa che occupò la migliori menti dell’epoca: nominalismo o realismo? ovvero (con barbara sintesi): un nome universale ha una sua realtà anche al di fuori del pensiero, oppure un temine universale è solamente un nome e nulla di più?

Altoatesino e sudtirolese, tornando al punto, sono meri nomi intercambiabili, oppure denotano, rappresentano, definiscono due realtà distinte?

Se sono meri nomi, beh, allora posso utilizzarli sulla base dello scopo desiderato. Se voglio rivendicare il successo straordinario sportivo, dirò altoatesino, cioè italiano; se voglio promuovere una località turistica, associandole virtù d’ospitalità unanimemente riconosciute, allora dirò Südtirol.
Se invece denotano due realtà diverse, ovvero un residente di origini italiane e un residente di origini sudtirolesi, allora no, non posso usarli in modo intercambiabili. Tuttavia, il punto resta: la terra è Sudtirolo o Altoadige? Perché, nell’etimologia, c’è una enorme differenza, un termine guarda a Sud, all’Italia; l’altro guarda a Nord, all’Austria.

Quando un altro sudtirolese famosissimo, Reinhold Messner, giunto in cima a un ottomila, piantò la piccozza con il suo fazzoletto a sventolare, ricevette attacchi durissimi dalla sua terra d’origine, per un gesto che sembrò un “tradimento”. Ma un fazzoletto come bandiera non è poi tanto male, considerando quanti ragazzi sono morti per conquistare pochi metri di confine, un “fazzoletto di terra”, appunto, durante la Grande Guerra.

Il campione Jannik Sinner gioca meravigliosamente a tennis. È senza dubbio un fuoriclasse, nonché un ragazzo di indubbia classe, educato e modesto, e non sembra interessato, giustamente, a queste questioni.

Ma i guadagni sono elevati, la residenza è a Montecarlo.
Ecco, l’altro termine, che sembra alla fine sgomberare con una volée il campo da nazionalità, patria, identità, cittadinanza, lingua madre etc: residenza fiscale.
Lo affermò anche Gordon Gekko, il cattivo di Wall Street (1987): il denaro semplifica tutto. Vero.

Sudtirolese, cittadino italiano, residenza fiscale a Montecarlo.
Ma così è troppo lungo e complicato e si fa confusione.

Quindi? Quindi niente: me ne infischio. Anzi, ma ne infisco.
“It’s all about bucks, kid. The rest is conversation”.
Il punto, vincente, game set match, è che funziona e funziona benissimo.

A noi non resta che dire: bravo Jannik, super campione in campo e nella vita, ora già sulla vetta del mondo, metaforicamente scrivendo, decenni dopo che un tuo compaesano conquistò un’altra vetta del mondo, quella geografica.

Monte Everest e Monte Carlo. Con quest’ultimo che unisce in sé sia il significato di monte come rilievo (il Chemin des Révoires, 162 metri sul livello del mare), sia il significato di “monte” come “istituto di credito”: nel medioevo, infatti, “monte” indicava “con implicita l’idea di accumulazione, istituti o luoghi di raccolta di denaro”.
Una montagna di denaro, insomma. O montepremi.

Ecco, sempre lui, il denaro, che semplifica e agevola, fino a trasformare un monte di soli 162 metri, nel monte più ambito del mondo.
E tutti gli altri lì, in basso, a litigare di stato, nazione, identità, confini, lingua etc…
Funziona, appunto.