Un mio amico sui povery euro 0

Di Paolo Ceccato

Ettore Petrolini è Nerone: “Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti”. 


Un mio amico mi ha detto: 
“Guarda, la mia è solo una percezione, per ora, ma se ha una validità, potrebbe, dico potrebbe, definire con più precisione il totalitarismo in erezione. Io penso che sotto attacco non sia tanto la proprietà privata in sé, ma la proprietà privata che ancora è in mano ai poveri. Ripeto, è solo un’ipotesi, ma se traguardo gli avvenimenti attraverso di essa, scorgo elementi non banali. 
Quel che non va – ha continuato il mio amico – non è dunque la casa di proprietà, ma la casa di proprietà di un povero. Non è l’auto in sé a inquinare, ma l’auto di un povero. Mi comprendi? Non è il mega yacht con i pannelli solari sul tetto, ma la mia Pandina di terza mano – così il mio caro amico.  
Porta pazienza, ti leggo una cosa: “Se, nell’epoca liberale, il povero era accusato di pigrizia, oggi, invece, è automaticamente sospetto“. Sospetto, scrive, hai capito? E perché? Perché “la scala di tenore di vita corrisponde esattamente alla connessione più o meno intima col sistema”. Il sistema, scrivono Adorno e Horkheimer (1), tramite gli assistenti sociali, cure e soprattutto grazie ai suoi benefattori e soccorritori dell’umanità, non si dimentica di nessuno, attraverso un controllo sociale capillare, che arriva fino al luogo di lavoro. Dunque, se sei povero, vuol dire che lo sei perché hai rifiutato tale connessione col sistema tanto benevolo e quindi diventi de facto un sospettato (2).
Mi segui? Ora, sotto quale cappello oggi si cerca di legittimare l’esproprio ai poveri della loro proprietà privata? 
Ti leggo questo, scusa sai, ma le citazioni sono importanti: “L’eliminazione dei piccoli proprietari – scrive il grande Piero Camporesi, citando fonti del ‘500 italiano – avveniva subdola e camuffata da intenti filantropici ed è una riprova della tesi di Maurice Dobb, secondo cui ‘la grande proprietà divenne adulta ingoiando la piccola’”. Non la parsimonia, dunque, ma l’esproprio. 
Insomma, i tempi cambiano, ma non le logiche di potere. Ci vuole sempre un punto fermo, sottratto al dubbio ed elevato a mito…  una verità inoppugnabile da tradurre in “bias cognitivo”. Non sai cos’è? Semplice: il bias cognitivo – il mio amico un po’ se la tira con questi termini –  è un giudizio inculcato in grado di farti deviare dalla razionalità e dal dialogo per diventare una realtà a sé, indiscutibile, incontestabile e indivisibile. Mi segui?
Una volta accreditato, il mito diviene uno “schematismo” che filtra e regola la percezione del giusto e sbagliato, del bene e del male, ripeto, al di là di ogni ragionevolezza e prudenza, con una forza impossibile, per molto tempo, da arginare. 
Ecco, secondo me per quel che vale, oggi questa mitologia potrebbe essere, già il cambiamento climatico, una criticità già elevata ad apocalisse. Apocalisse, ti ricordi quando leggevamo Ernesto De Martino? Ecco: se serve ad allontanare l’apocalisse, non solo è legittimo, ma è diventa doveroso l’esproprio della proprietà alla poveraglia euro 0, altamente inquinante e pericolosa per l’ambiente e la sopravvivenza della specie umana. Mica bazzecole. 
Il povero, in quanto povero, non è infatti in grado di aggiornare ai nuovi canoni green ciò che possiede (corpo, casa, auto (3), stili di vita, cibo etc) e quindi ciò che possiede il povero, la sua proprietà privata, diventa una minaccia per la vita sulla Terra. Parliamo di salvezza delle specie umana, mica quisquilie. E chi potrebbe dire no a tutto questo –insiste il mio amico – chi potrebbe mettere in dubbio che la salvezza del mondo e del genere umano non giustifichi la violenza contro i poveri, l’esproprio, la messa in sicurezza delle loro inquinanti proprietà (casa green), pensieri e corpo compresi (obbligo vaccinale docet (4))? Sottrargli tutto, ai poveri, e lasciare questi beni solo a chi può, meglio dei poveri, portarli a “impatto che possiede proprietà, oggetti, tecnologie, e anche risorse naturali, è una minaccia alla vita. 
Sai, è questa la forza del mito: se pigli a un povero quel che ha e glielo porti via, sei un mostro umano; ma, se gli espropri quel che ha, per salvare il genere umano dall’apocalisse climatica, sei un benefattore.  Insomma: sacrifici umani, per placare gli elementi naturali (5).
Tutto qua”. 

Così il mio amico, che ogni tanto esagera, sarò sincero, perché ha letto il Don Chisciotte di Cervantes e, secondo me, si è un po’ troppo immedesimato nel ruolo e ora vede pale eoliche che ruotano dappertutto. Tuttavia, ribadisco, ogni tanto “ci prende”. Vedremo.  

===
(1) Si tratta di Dialettica dell’Illuminismo, scritto da Max Horkheimer nel 1947, con Theodor Adorno. 
(2) Tutt’altra “narrazione” investe invece il povero che bussa alle porte dell’Occidente. In quel caso la povertà è sincera, perché proveniente da fuori il nostro sistema e desiderosa di farne parte. 
(3) Pensandoci, poi, in effetti il provvedimento attuato in Piemonte e ora anche in Veneto, la scatola nera “antinquinamento” installata nei veicoli più datati, darebbe ragione al mio amico, che ogni tanto esagera, ma metti che stavolta…
(4) Il mio amico ha studiato latino e ci tiene a ricordarlo.
(5) Il cambiamento climatico sarebbe comunque solo l’ultimo di uno dei tanti miti strumentali predazioni. 

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