Il business della censura

Di Marina Lanza

Da questo grafico del report di Racket MWS, una straordinaria visualizzazione di come la censura, atta a portare i cittadini all’annichilimento di ogni espressione di libertà e di scelta, non solo sia un formidabile mezzo di controllo, ma si dimostra essere anche una vera e propria industria che porta un enorme giro di affari per realtà disparate, a servizio di chi ha una disponibilità economica sterminata.

Si sta parlando di Governi e di Grandi Finanziarie.
Queste ultime fanno circolare quantità di denaro tali (si parla di decine di trilioni – di decine di milioni di miliardi di dollari) da superare il PIL di interi Stati e da avere potere sui Governi stessi.
Ecco perché non ci sono freni, né pudore, nel controllo dell’informazione.
Se poi si considera che certe realtà hanno anche a disposizione tutti i nostri dati personali e sensibili, tracciabilità compresa 24/7, si può comprendere ancora di più, in quale direzione stiamo andando a finire.

L’astuto dittatore non ti dirà mai che ci sono tagli di capelli vietati,
ma ti dirà che non hai che l’imbarazzo della scelta tra tutti questi bellissimi tagli, studiati dagli esperti più autorevoli, per valorizzare ogni tipo di viso.
Nella foto, i tagli di capelli consentiti nella Corea del Nord.



Un importante aggiornamento del 14 maggio 2023
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Mercoledì Racket News del giornalista Matt Taibbi ha pubblicato un rapporto completo sulle 50 principali organizzazioni impegnate nella censura della cosiddetta “disinformazione”.

Scritto da Taibbi e altri otto collaboratori – e soprannominato “il kit di base del cittadino per comprendere il nuovo cartello globale dell’informazione” – il lungo rapporto fornisce un profilo riassuntivo di ciascuna delle principali organizzazioni coinvolte nel “Complesso censura-industriale”.

Taibbi ha coniato quel termine durante il lavoro suo e di altri giornalisti sui ” Twitter Files “, che ha rivelato la diffusa cooperazione tra agenzie governative e società di social media per censurare le informazioni in violazione del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. (Sono in corso sfide legali e indagini sulla censura dei social media).

Il “complesso censura-industriale” è un gioco sul ” complesso militare-industriale “, un termine usato dal presidente Dwight D. Eisenhower durante il suo famoso discorso di addio del 1961 per mettere in guardia gli americani sulla minaccia rappresentata dalla crescente fusione di potere militare e privato, dell’industria che sarebbe emersa all’indomani della seconda guerra mondiale.

“La politica pubblica”, ha avvertito Eisenhower, “potrebbe essa stessa diventare prigioniera di un’élite scientifica e tecnologica”.

Più di 60 anni dopo, “Il Complesso Censura-Industriale è solo il Complesso Militare-Industriale rinato per l’era della ‘guerra ibrida’ dell’informazione digitale”, ha scritto Taibbi.

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