Il Digital Service Act

A cura di Marina Lanza
Fonti e autori vari

EU News

Tutto quello che c’è da sapere sulla legge sui servizi digitali concordata tra Parlamento e Consiglio dell’UE

Di Federico Baccini

Bruxelles – Ci sono voluti tre mesi di lavori e confronti anche intensi e duri, ma alla fine il risultato è arrivato. Parlamento e Consiglio dell’Unione Europea hanno trovato l’intesa sul Digital Services Act (DSA), la legge sui servizi digitali che regola la gestione e la rimozione dei contenuti illegali online, con l’obiettivo di proteggere la democrazia e la tutela degli utenti nella sfera digitale. “È un accordo storico, sia in termini di velocità sia di sostanza”, ha rivendicato la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, a poco più di un anno dalla proposta dell’esecutivo UE del pacchetto digitale nel dicembre 2020. Il Digital Services Act “assicurerà che l’ambiente online rimanga uno spazio sicuro, salvaguardando la libertà di espressione e le opportunità per le imprese digitali”, allineandosi al principio secondo cui “ciò che è illegale offline, è illegale online“.
L’articolo continua, qui.


Dal Canale di Edoardo Dini.
Social – imminente censura per tutti – una mannaia senza precedenti – dal 25 agosto

Ma sta sta succedendo qualcosa.

Il servizio di SkyTg, di quando Elon Musk dichiarò di voler mantenere su Twitter la totale libertà di opinione senza censura nei riguardi di notizie al di fuori delle linee guida – ovviamente, se entro la legalità del codice penale.
All’inizio, oltre a un attacco feroce e senza esclusione di colpi da parte dei media mainstream, e relativi vip, nei riguardi di Elon Musk, il suo Twitter ha anche accusato un severo crollo delle pianificazioni pubblicitarie – dato che gran parte delle maggiori Corporate rientrano nella sfera delle Big Three (Blackrock, Vangard e State Street) che spingono verso il controllo (qui, l’articolo sul Business della Censura).

2 novembre 2023, USA, Mike Johnson, il nuovo Speaker of the House, la terza carica per importanza della Casa Bianca, denuncia, con grande allarme, l’ingerenza dell’FBI su Twitter, prima che fosse acquisita da Elon Musk, con finalità censoree che violano il primo emendamento della Costituzione Americana.
Johnson parla solo di Twitter, perché Musk ha consegnato i file, ma gli altri social non sono da meno, anzi.
Ovviamente, in Italia non se ne fa notizia.

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Facciamo un passo indietro.
USA, 5 Maggio 2023. Nel bel mezzo di una crisi dichiarata, arriva il “cacciato eccellente” di Fox News.
In questa pagina, di seguito, purtroppo solo in inglese, diversi post di Tucker Carlson, a iniziare dalla denuncia nei riguardi dei media “ufficiali” – «da 30 anni siete stati manipolati» e spiega come – e l’annuncio d’essere approdato su Twitter in quanto unico canale a diffusione mondiale che garantisce la libertà d’espressione a tutti.
E che porterà proprio su questa piattaforma lo stesso formato che aveva su Fox News, come “Tucker Carlson on Twitter”.


Qui sotto, la prima puntata di Tucker Carlson on Twitter.


Ma adesso la presenza su Twitter di Tucker Carlson, allontanato da Fox News per posizioni non allineate, sta dando le sue soddisfazioni.
Qui sotto, i risultati del giorno dopo, l’8 giugno, di ascolto della prima puntata di “Tucker on Twitter” confrontati con quelli dei corrispettivi notiziari dei principali notiziari durante il prime time (dalle 20 alle 23).
Con 70 milioni di spettatori, sovrasta in modo impressionante gli altri risultati di CNN con 569mila; Fox News con 1.73 milioni e MSNBC con 1,86 milioni.

Sembra che oggi, 11 giugno, gli ascolti abbiano superato i 100 milioni.
La verità vince.

Nel frattempo, altre piattaforme di social stanno facendo un passo indietro, a iniziare da META, come comunicato da Zuckerberg stesso in un’intervista contenuta nella prima puntata di Tucker Carlson on Twitter.
Riporto a senso, “Abbiamo sbagliato a censurare alcune notizie sul Covid, seguivamo direttive errate che ci erano state garantite frutto di ricerche scientifiche attendibili”.
A tal proposito, qui, su Usque Tandem la lettera del British Medical Journal a Mark Zuckerberg, sulla censura subita su Facebook nei riguardi di una sua indagine sui test di certi sieri… alla quale s’è replicato in modo vago e travisato (ha perfino nominato il BMJ, la più autorevole e storica pubblicazione scientifica al mondo, come blog). Ovviamente, la richiesta di revisione della censura, è stata totalmente ignorata. Sono passati oltre due anni, da allora.

Ma, a quanto pare, qualcosa sta cambiando.

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