Sulla concentrazione, come campo

Di Paolo Ceccato

“Durante la costruzione dell’hotel (nel 2009), fu trovato un gran numero di resti umani, la maggior parte dei quali furono portati in una discarica; altri resti furono gettati in fossi poi ricoperti di cemento”.

E qui ti blocchi, nemmeno il tempo di mandar giù le precedenti pagine, dove hai appena letto gli orrori perpetrati nel campo di concentramento di Leopoli, stalag 328, dal luglio 1941 al 1944, quando i tedeschi, occupato il territorio della Galizia, trasformarono l’ottocentesca fortezza asburgica, posta nella città, in un
campo di sterminio.

Ci morirono circa 150mila persone, cioè la metà dei prigionieri, uno su due, tra atroci sofferenze: russi, ebrei, francesi, belgi e, dal settembre 1943, italiani, gli internati militari italiani (IMI).
Si moriva per torture, sfinimento, lavori forzati,esecuzioni, denutrizione cronica e diffusione di malattie.
Su un edificio, in particolare, le cronache insistono: si tratta della grande torre nr. 2 “Great Maximilian”, eretta nel 1850 circa, una delle quattro che difendevano la “Citadel”, il complesso asburgico fortificato. Divenne la famigerata “Torre della morte” del campo di sterminio tedesco; nelle sue celle, i prigionieri russi venivano rinchiusi e lasciati morire di fame; nell’agonia, erano frequenti i casi di cannibalismo.

Il punto è che proprio questa torre fu trasformata, nel 2009, in un hotel e resort di lusso, il “Citadel Inn” di Leopoli, tra sorridenti ragazze, trattamenti di bellezza e un rinomato ristorante.
E così, nelle stesse celle in cui i prigionieri venivano torturati e si mangiavano l’un l’altro, soggiornano i gentili ospiti dell’albergo, si spera ignari, godendosi il suo ricercato servizio di “remise en
forme” che, date le circostanze, acquista il senso dell’orrido.

Un evidente spregevole atto di crudeltà nei riguardi dei clienti, nonché di disprezzo per le violenze e sofferenze a cui furono sottoposti i prigionieri lì rinchiusi, tra cui, gli internati militari italiani.
In effetti, trasformare un campo di sterminio in un hotel e resort è un atto umanamente incomprensibile. Si stenta a credere che le amministrazioni ucraine di Leopoli abbiano potuto concedere i permessi all’hotel, tra poche, comunque confortanti, voci di protesta locali.

Ci sono limiti, alle nostre azioni, in cui ci riconosciamo e la cui violazione dovrebbe sempre allarmare. Ma è accaduto.
Ampliamo lo sguardo. Una crudeltà demoniaca ha dilaniato confini e Paesi, tra Polonia, Ucraina, Bielorussia, Russia etc., dalla rivoluzione russa al terrore staliniano, dall’invasione tedesca alla successiva invasione sovietica. I pogrom ucraini contro gli ebrei, dopo la rivoluzione d’ottobre; il genocidio stalinista in Ucraina, negli anni ’30, milioni di morti per fame; poi l’occupazione tedesca, nel 1941, con lo scatenarsi di violenze ucraine contro gli ebrei, i russi e i polacchi e la “manovalanza locale” che si arruola tra gli aguzzini nei campi di
sterminio nazisti.
Un particolare può dare, in qualche modo, la misura delle violenze e delle crudeltà che furono perpetrate dalle unità miste, le Waffen SS, l’esercito europeo ideato da Hitler: alcuni loro comandanti furono giustiziati dalle SS purosangue tedesche, per gli stupri, le stragi e il sadismo contro civili, ebrei, donne e bambini e prigionieri a cui i miliziani si abbandonarono, spesso con la complicità dei civili.

Tralasciamo i particolari, sono storie raccapriccianti, che andrebbero conosciute di più, perché ricordandole, forse, il presente ci
apparirebbe sotto una luce diversa: quella del fallimento di ogni azione di pacificazione di un territorio impregnato di sangue, pacificazione che, dagli anni ’90 a oggi, avrebbe dovuto impegnarci, affrontando odi, rancori e dolori, con molto più coraggio del coraggio che serve per armare o combattere le guerre.

E invece, quelle tremende ferite non solo non si sono rimarginate, ma sono state oggi riaperte, gli odi sono stati armati, i rancori aizzati. Con l’insostenibile sospetto che tutto questo accada per tutelare i nostri interessi. Ed è già tardi.

“Tutti i soldati russi catturati furono portati nella Cittadella, vennero rinchiusi e abbandonati a morire di fame e di sete. Le loro urla si sono sentite per un periodo di tempo molto lungo”.
Memorie di una testimone degli eventi.


Guida per le foto, qui di seguito. 
La foto in bianco e nero è la torre della morte, fonte ignota. 
La foto a colori, è l’hotel, tratta dal loro sito. 
Sono lo stesso edificio, prima e dopo i lavori di ristrutturazione per l’hotel. 
La terza immagine è una mappa della fortificazione Citadel, poi Stalag 328, tratta da: Chetverikov B., Babiy L., Methods of creation of historical situation plan concentration camp “Stalag-328”(Citadel) in Lviv (Ukraine) on the base archival aerial image, Lviv Polytechnic National University, 2013. Uno dei documenti che ho raccolto negli anni. La freccia indica la torre nr. 2, Great Maximilian, la Torre della morte, oggetto del presente articolo 

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